Da alcuni anni si è sviluppato un fenomeno di massa che si concretizza in un fortissimo interesse verso le scienze forensi. Tale fortissima domanda da parte dei media ha favorito lo sviluppo incontrollato di fiction, film, libri, dibattiti, articoli, stage, seminari, master e finanche specializzazioni universitarie. I grandiosi sviluppi che hanno generato tale evento, non possono che essere considerati, in linee generale, eventi positivi. Probabilmente, però, a causa della eccessiva speditezza degli eventi e della presenza di persone non dignitosamente esperte nelle materie forensi, si sono creati equivoci, leggende metropolitane e false aspettative che vanno individuate ed interpretate. Insomma è necessario un po’ di ordine culturale.
In Italia deputata alle investigazioni scientifiche, sin dalla sua costituzione, nei primi del 900, è stata la Polizia. Negli anni 60, anche i Carabinieri ebbero a formare loro strutture tecniche-scientifiche. L’Ufficio della Procura poteva e spesso delegava anche esperti privati per condurre sopralluoghi e indagini. Tutte queste figure hanno realizzato in questi decenni grandi progressi scientifici. In questi ultimi anni, poi, tali organi hanno utilizzato i media, specie l’arma dei Carabinieri, per una grandissima operazione mediatica che, non ci sono dubbi, ha prodotto risultati di gran lunga inaspettati. Tali operazioni d’immagine medianica, hanno originato anche una confusione scientifica, in quanto le fiction trasmesse, sono spesso confuse con la realtà a tal punto che ai gabinetti scientifici vengono posti quesiti che rasentano la fantascienza proprio come quelle proposte dai registi televisivi. Anche i tempi di chiusura di una indagine scientifica viene posta in brevissimi periodi che solo un regista po’ attuare. La realtà, la vera realtà è quasi all’opposto della fiction. Non a caso indagini come quello di Cogne, il duplice omicidio dei coniugi Greco di Mendicino, il duplice omicidio dei coniugi De Marco di Simeri Crichi, il brutale omicidio di Chiara Poggi, l’omicidio di Marta Russo, il brutale omicidio di Roberta Lanzino e cosi via hanno visto gli esperti entrare ed uscire dalla scena del crimine per molti mesi, dare con enfasi risultati giornalieri che poi si sono rivelati inconsistenti originando solo fantasie giornalistiche. Esiste la grave possibilità che i protocolli consolidati anche nel convegno del “sopralluogo Giudiziario” tenutosi a Lugano nel 1994 possano essere stravolti da questa corsa allo scoop, dall’ansia di individuare il colpevole grazie a indagini fantascientifiche e magari, involontariamente, crocifiggere qualcuno che poi risulterà estraneo grazie, non alle scienze forensi, ma alla indagine classica di polizia giudiziaria, che comunque non è seconda a nessuna.
Il concetto, il ragionamento e la dimostrazione fondamentale che è sempre stato proposto e che si deve ancora proporre è che sul luogo del reato si formano gli elementi materiali costitutivi dello stesso.
Gli elementi probatori per essere oggettivamente attendibili devono essere collegati tra loro in tutto l’iter: individuazione – prelievo – conservazione – trattamento in laboratorio e quindi la corretta interpretazione proprio nella loro principale qualità. A proposito della corretta interpretazione dei reperti spero che per l’omicidio di Chiara Poggi gli inquirenti abbiano anche altro oltre alle macchiette ematiche sulla bici.
Oggi il P. M. che intende effettuare una ricerca, per esempio su una goccia di materiale ematico, convoca il migliore esperto laureato in quella materia e quel problema sarà risolto con lo stesso protocollo, registro internazionale e metodo che altrettanti suoi milioni di colleghi applicano. Il problema sorge in quelle materie dove non solo non esiste uno studio universitario, ma la rappresentazione sul luogo dell’evento degli elementi è casuale, originato da un apparente caos e assolutamente irripetibile. Mi spiego meglio, se noi dovessimo riprodurre un evento omicidiario con arma da fuoco centinaia di volte e tutti riprodotti nello stesso identico modo, noi avremmo sempre risultati diversi tra loro, proprio perché la geometria dell’ambiente, le aberrazioni dell’arma e decine di casualità possono ed interferiscono con lo stesso, al punto da non poter sovrapporre, apparentemente, gli stessi risultati. In queste importanti materie, come appunto il sopralluogo, la balistica forense e per alcuni versi l’esplosivistica, materie che soggiacciono a tutte queste apparenti casualità, sono necessarie innate intuizioni e percezioni unitamente ad anni di esperienza. Non bastano e non sono sufficienti pochi mesi di un corso per gestire in scienza queste complicate e difficilissime materie. E’ da sottolineare, comunque, che l’Italia non è seconda a nessuno in materie forensi e nella interpretazione dei dati. Ritengo, poi, giustificate le lagnanze dell’opinione pubblica che vedono il sopralluogo di alcuni eventi protrarsi in periodi troppo lunghi, anche per più mesi. Effettivamente sarebbe più opportuno che, entrati nella scena del crimine se ne uscisse con tutti gli elementi completi, naturalmente è possibile che una indagine di laboratorio necessiti un ulteriore ricomparsa sul sito, ma dovrebbe essere una eccezione ai protocolli.
Non condivido, da tecnico, che le fiction contengano aspetti d’indagine molto riservate che paradossalmente si trasformino in filmati di formazione professionale per come raggirare il crimine. Per anni le scienze forensi hanno lavorato e raggiunto la loro finalità in silenzio e con umiltà e auspico che si faccia un passo indietro in questa direzione.
Diverse componenti scientifiche sono chiamate di fronte ad un caso criminale a rilevare, analizzare e ricostruire i fatti accaduti, in cui è in gioco una responsabilità individuale o collettiva. Non ci sono dubbi che la lotta al crimine, dopo un evento, non può che non passare, non iniziare dal sopralluogo giudiziario, lo stesso però deve essere accompagnato anche dalla prima fase dalla classica indagine di polizia giudiziaria sapientemente indirizzata dal Pubblico Ministero, che è indispensabile per comprendere fatti ed eventi altrimenti incomprensibili con la sola scienza. Il buon risultato dipende anche dalla loro collaborazione.
Oggi il compito di garantire la sicurezza al cittadino è un fatto molto più gravoso di ieri. Occorre un alto livello di specializzazione e tecnologia ma anche di sorveglianza delle persone proprio per l’eccessiva mobilità delle persone stesse. Il mio auspicio più grande in questa colossale lotta è quella di vedere i cittadini partecipare attivamente a tutto questo rinunciando con coraggio, risolutezza e fermezza all’omertà.
Sandro Lopez