Dopo tredici anni di indagini, nel mese di Marzo del 2006 vennero sequestrate all’ing. Zornitta un paio di forbici. Queste forbici, per la Procura della Repubblica di Trieste, vennero sospettate di essere quelle che furono utilizzate dal sofferente dinamitardo per tranciare un lamerino servito a confezionare uno degli ordigni esplosivi e precisamente quello fatto esplodere il 02.04.04 nella chiesa di Portogruaro.
E’ più che evidente che soltanto un accertamento tecnico comparativo, utilizzando strumenti altamente tecnologici, poteva risolvere il problema.
Prima di esprimermi in merito è opportuno che in senso lato manifesti dei concetti generali sugli accertamenti forensi.
L’evoluzione dei tempi e in modo particolare in questi ultimi anni, ha reso indispensabile, nel campo investigativo come in ogni altro settore d’intervento umano, il sussidio delle moderne tecnologie in funzione della comprensione, della interpretazione e della rappresentazione dei fenomeni. In un siffatto contesto diinteresse partecipativo e di supporto scientifico – tecnologico, non è pertanto ammissibile, e sarebbe giustamente male interpretata, una eventuale inadeguatezza degli organi preposti alle indagini rispetto alla poliedrica materia oggetto di vaglio investigativo. Si vuol significare che alla luce delle condizioni ottimali in cui la moderna società è in grado di garantire l’affinamento ed il perfezionamento delle potenzialità tecniche applicate al momento di rilevazione e di conservazione delle tracce del reato, non è concepibile che i risultati non conseguano, per la semplice imperizia del singolo operatore disinformato o, peggio ancora, impreparato a gestire con la dovuta perizia lo strumento tecnico di cui è fornito.
Dalla lettura dei quotidiani apprendo che il GIP di Trieste, Dott. Enzo Truncellito, aveva affidato a due esperti (Benedetti e Rosati), di cui l’ultimo appartenente all’F.B.I. una super perizia al fine di documentare se le forbici in reperto fossero quelle che hanno originato le micro e macro peculiarità presenti sul lamierino. Le conclusioni di questa perizia, riportate sempre dai quotidiani, sono quelle che le analisi “… non lasciano spazio a dubbi di sorta”. Leggiamo, anche, che i super periti hanno spiegato “… che le forbici hanno subito delle alterazioni nel corso di una delle tre perizie precedenti (quella fatta dal Servizio di Polizia Scientifica, quella fatta dalla Polizia Giudiziaria della Procura di Venezia e quella del RIS dei Carabinieri di Parma)…tali alterazioni hanno determinato un disallineamento delle lame che non ha consentito il riscontro positivo fra due profonde microstriature presenti sui reperti”. Se tutto ciò che apprendiamo dai giornali è la verità, le vicende sono inaccettabili e censurabili. Ritengo che una volta appurata la manomissione parlare “di prova del nove” non è corretto. Allo stato dei fatti mi sorge, anche, un dubbio che le micro strie, rilevate sui reperti e fonte sicura di unica origine, di fatto potrebbero essere impronte di repere. Le impronte di repere o di classe, sono originate da tutti quegli utensili della stessa marca, modello e tipologia e risultano identiche in quanto sono, appunto, tutte figlie dello stesso progetto. La nuova perizia disposta dall’A.G., chiarirà in quanto terrà conto delle “manomissioni”, tutti i dubbi e le riserve che fino ad ora ci siamo posti.
Solo una circostanza risulta chiara e fondamentale per i cittadini, che grazie alle nuove norme sulla difesa penale, gli avvocati possono svolgere indagini difensive, cioè raccogliere prove, o meglio elementi di prova, a discarico degli indagati. Le indagini del PM e quelle degli avvocati sono svolte su binari paralleli, naturalmente a parità economiche.