PREMESSA
Letti alcuni lavori provenienti da un Tribunale, appare opportuno premettere alcuni cenni, sul criterio della identificazione delle armi da fuoco, attraverso l’esame comparativo degli elementi della cartuccia (bossolo o proiettile) repertati sul luogo ove fu commesso un reato, insieme a quelli ottenuti sperimentalmente con l’arma sospetta.
La soluzione del problema viene raggiunta effettuando l’esame con l’ausilio di un perfetto strumento, il microscopio comparatore, che dimostra la “identità” o la “non identità” tra le impronte esistenti sul bossolo o sul proiettile in reperto e su quelli provenienti dai tiri sperimentali.
Una descrizione sommaria del microscopio comparatore può limitarsi all’accenno che esso ha due piatti portaoggetti, mobili ed orientabili, che vengono osservati mediante due obiettivi situati verticalmente. A mezzo di un sistema di prismi, le immagini dei due corpi, raccolte dagli obiettivi in simultanea comparazione, possono essere portate a combaciare lungo una sottile e netta linea di divisione e studiate e fotografate attraverso un unico oculare.
La ripresa fotografica avviene alle stesse condizioni di illuminazione, con gli stessi ingrandimenti e dallo stesso punto di vista, il che permette di presentare un’immagine immediatamente convincente sia per il Consulente, sia per il Magistrato.
La taratura del microscopio comparatore.
Il microscopio comparatore utilizzato dallo scrivente e facente parte delle proprie attrezzature scientifiche, è un Leica mod. FS C. modello di ultima generazione. Essendo tale sofisticato strumento dotato anche di software modulare che permette di effettuare misure interattive di lunghezza, distanze multiple, spessori, angoli, aree, perimetro, raggio e diametro di cerchi e le annotazioni metriche vengono incorporate insieme all’immagine, risulta semplice comprendere, che bisogna definire le caratteristiche dello strumento relativamente al variatore d’ingrandimenti, ottenuti grazie a due revolver portaobiettivi dotati, appunto, di obiettivi Apocromatici. La taratura è un’operazione che permette di definire le caratteristiche metrologiche dello strumento. Definisce, quindi, la precisione dello strumento rispetto al suo valore nominale.
Taratura diretta
Questa metodologia è destinata alla taratura di strumenti di riferimento. Lo strumento genera direttamente la grandezza che viene misurata dal campione. La precisione dello strumento viene definita tra il suo valore nominale e la misura realizzata dal campione. Nello specifico la LEICA ha fornito il microscopio comparatore di un micrometro in ceramica dove è presente un centimetro diviso in 10 mm. Le macro foto sotto esposte evidenziano, la prima foto effettuata sul campione con obiettivo 0,4X, la seconda con obiettivo 1X, la terza obiettivo 2X e la quarta obiettivo 4X.
Per un’agevole comprensione di quanto affermato, esaminiamo rapidamente come si formano le tracce e le impronte di cui si è fatto cenno.
Va posto subito nella giusta evidenza, innanzi tutto, il fatto che l’espressione “superficie levigata” è una pura astrazione teorica; qualunque superficie metallica, infatti, apparentemente liscia, esaminata al microscopio rivela sempre le tracce dell’arnese, strumento o macchina, con il quale fu lavorata, tracce che rivestono carattere nettamente individuale.
Le cartucce delle armi portatili moderne, nella quasi totalità, sono formate da un bossolo contenente la carica di lancio, da una capsula contenente l’esplosivo di innesco e da un proiettile che generalmente è di forma cilindrica con ogiva rastremata, costituito da solo piombo, oppure da un nucleo di piombo rivestito da una camiciatura di lega metallica più dura (proiettile blindato).
Nel lasso di tempo che vive in simbiosi con l’arma, la cartuccia viene a trovarsi in contatto con diverse parti ed organi di acciaio, che imprimono su di essa le loro peculiarità.
Il proiettile, procedendo nell’interno di una canna con anima rigata, riporta sulla sua superficie l’impronta delle rigature. Ciò non si verifica per i proiettili multipli (pallini) delle cartucce per fucili da caccia che, tra l’altro, procedono nell’interno di una canna ad anima liscia. L’identificazione di tale tipo di arma, quindi, può essere raggiunta attraverso l’esame del solo bossolo. Per quanto concerne i diversi tipi di impronte rilevabili sul bossolo è necessario, per comprendere l’origine di ciascuna di esse, conoscere l’esatta vicenda di una cartuccia ad ogni stadio del tiro.
Per l’azione del grilletto, il percussore viene proiettato violentemente contro la capsula, colpita in modo da far detonare la carica di innesco. Il fondo della capsula si stampa contro la culatta, sotto l’effetto dell’esplosione e, se quest’ultima è assai potente, si produce anche una “ernia” in corrispondenza della parte libera della cavità di alloggiamento del percussore.
A questo punto del tiro si producono, dunque, sul fondo della capsula, le impronte del percussore, della culatta e talvolta dell’alloggiamento del percussore.
La detonazione della carica della capsula provoca la deflagrazione della carica di lancio nel bossolo, i gas che si originano, di gran lunga superiori in volume alla capacità del loro contenitore, esercitano pressione in tutte le direzioni, spingono il proiettile in avanti, dilatano lateralmente il bossolo e lo proiettano inoltre con forza all’indietro contro la culatta. Nel suo movimento di rinculo, il bossolo si distacca dalle pareti della camera di scoppio e la sua superficie esterna può essere contrassegnata da microscopiche righette parallele riproducenti le irregolarità delle pareti stesse.
Sul fondello, inoltre, fortemente pressato contro la culatta, vengono stampigliate le sue irregolarità.
Ad un certo punto del suo rinculo, il bossolo urta il fondello contro l’espulsore e dal momento che è trattenuto contro la culatta in un punto dall’unghia dell’estrattore, ruota intorno a questo asse e viene lanciato fuori dell’arma.
E’ il caso di aprire una parentesi per ricordare come certe armi non abbiano espulsore ed il bossolo venga espulso dalle labbra del caricatore, facenti ufficio di espulsore e come certe armi non abbiano estrattore.
Nel caso classico, espulsore ed estrattore lasciano le loro impronte sul bossolo, una sul fondello e l’altra nella “gola” o sulla faccia anteriore del “collarino”.
Riassumendo, le impronte che possono trovarsi su di un bossolo sono:
- sul corpo cilindrico: alcune piccole rigature dovute alle irregolarità delle superfici della camera di scoppio, oppure qualche impronta più vistosa se le pareti della camera di scoppio sono interessate da deformazioni dovute all’uso prolungato;
- sulla faccia anteriore del collarino: una ricalcatura, una traccia di rigatura o di slittamento, dovute al dente dell’estrattore che in certi casi lascia una serie di striature sul fondo della gola ed anche sul cono che la raccorda alle pareti del bossolo;
- sul fondello del bossolo: l’impronta del percussore, l’impronta dell’espulsore, l’impronta della culatta ed eventualmente quella dell’alloggiamento del percussore.
Alcune di queste impronte sono costituite da strisce (camera di scoppio), altre da stampi modellati più o meno ricchi di dettagli (percussore, culatta), altre infine hanno carattere bivalente (estrattore espulsore). Normalmente, i più significativi e quindi maggiormente consueti nella pratica di laboratorio inerente alla balistica giudiziaria sono i contrassegni dell’espulsore, del percussore e della culatta, spesso sono quelli dell’estrattore, molto raramente quelli della camera di scoppio.
La presenza di un numero così elevato di contrassegni sui bossoli rende più serena la formulazione del giudizio da parte del perito, ove si pensi che una eventuale artefazione di un qualsiasi organo dell’arma, che renderebbe dissimili i reperti dai tiri sperimentali in una determinata impronta, troverebbe il confronto della identità e quindi della prova dell’artefazione successiva; nelle impronte prodotte da altri organi non modificati o non sostituiti.
Dette impronte, singolarmente o in concorso tra loro, sono quindi gli elementi fondamentali sui quali si basa la identificazione di un’arma, tenendo però presente il fatto che delle impronte stesse non debbono essere considerati i caratteri generali, bensì quelli particolari che esistono nell’interno di ognuna di esse e che assumono valori di contrassegni.
Infatti, mentre le impronte, considerate nella loro totalità, possono avere i caratteri di sede, forma e direzione in comune con altre armi dello stesso tipo e della stessa marca, classe dell’arma, i particolari, che possono essere riscontrati con il microscopio in ognuna di esse e che sono dovuti principalmente a differenze verificatesi nella lavorazione del “pezzo” oppure ad imperfezioni prodottesi durante l’uso dell’arma stessa, sono necessariamente diversi tra un’impronta ed un’altra ed è per questo che assumono la veste di contrassegni caratteristici con valore identificatorio.
Ovviamente, più grandi ed appariscenti sono tali contrassegni, più facile è la loro ricerca, in quanto la loro riproduzione è sempre presente.
Nel caso invece, di contrassegni leggeri o di dimensioni molto ridotte, vari fattori possono influenzare la loro presenza in un reperto e l’assenza in un altro, anche nel caso di tiri effettuati sicuramente con la stessa arma in sede sperimentale. Uno dei fattori più importanti è senza dubbio la diversità del metallo o della lega negli elementi della cartuccia. E’ evidente che una maggiore o minore densità del metallo impedisce o favorisce lo stampo dell’impronta ed è per questo che il Perito, in genere, cerca sempre di effettuare tiri sperimentali con cartucce sia della stessa marca, sia dello stesso anno di fabbricazione di quelle repertate. Nel caso dell’impronta lasciata dal percussore sulla capsula, una maggiore o minore profondità del cratere prodotto dal percussore può produrre o meno un contrassegno esistente, ad esempio, ai margini della punta del percussore in caso di punta emisferica o al centro in caso di punta piatta o leggermente concava. La diversa profondità della percussione non è una caratteristica dell’arma, ma è condizionata da fattori estranei, quali la mancata lubrificazione della molla del percussore la sporcizia esistente sulla culatta dell’arma etc.
Nel caso di rigature prodotte dalla canna sulla superficie di un proiettile, oltre che la diversità del metallo, grande importanza assume una benché minima differenza di calibro, sempre possibile tra un lotto e l’altro di cartucce, come è altrettanto importante lo stato delle righe nell’interno della canna. Infatti, se queste sono molto consumate per l’uso prolungato, il proiettile sfugge dalle righe che fungono da guida, le rigature si riproducono una sovrapposta all’altra ed è oltremodo difficile reperire in esse dei vari contrassegni.
Il contrassegno identificatorio è, ripetiamo, soltanto quello che si riscontra nell’interno di ogni singola impronta e deve essere riscontrato costantemente perché si possa affermare che esso fu prodotto da “quella” determinata arma e che non sia piuttosto un contrassegno accidentale.
La costanza è direttamente accertabile nei reperti numerosi oppure, nel caso di un solo o di pochi reperti, nei vari tiri sperimentali che il perito in tal caso dovrà eseguire.
Quando sui bossoli o sui proiettili da esaminare sono stati individuati i contrassegni caratteristici dell’arma, costanti in ognuna per forma, dimensione, direzione, sede, e gli stessi contrassegni vengono riscontrati nei tiri sperimentali, non può che scaturire un giudizio di identità inconfutabile, oppure, nel caso che manchi la corrispondenza, quello di non identità.
Criteri di lettura ed interpretazione dei principi elicoidali presenti sui proiettili
Tra le indagini di comparazione, quelle inerenti i proiettili sono ritenute le più complesse in quanto si possono riscontrare molte difficoltà causate ed originate da una vasta gamma di fattori perturbanti che in modo diretto interferiscono durante l’avanzamento del proiettile nella canna. In questa fase avvengono modificazioni causate dalla tipologia del proiettile e dalle sue minime differenza di diametro tra lotto e lotto, lo stato delle rigature e principalmente lo stato della volata della stessa canna. Si evidenzia che un altro fattore da considerare sono le modificazioni plastiche causate dall’impatto sul bersaglio.
Queste problematiche hanno indotto sin dal 1931 tecnici balistici come Lucas ad eseguire un approccio statistico onde evitare i soggettivismi legati alla sola esperienza dei singoli tecnici. In tempi più recenti (1959) Biasotti ha eseguito una indagine statistica su un limitato numero di proiettili di test. I risultati di tale ricerca non furono mai pubblicati, per come lo stesso studioso dice, in quanto le eccessive variabili rendevano poco affidabili il suo utilizzo.
Lo sviluppo dell’informatica ha consentito, negli anni 80’, ai ricercatori Deiner, Colonna e Coll, di tentare di applicare un monitoraggio tramite un computer collegato ad un microscopio comparatore per ampliare e verificare lo studio sulla comparazione delle rigature. Per quei periodi si sono subito visualizzate difficoltà attuative sul piano pratico.
L’Università di Bari – Istituto di Medicina Legale – nel 1987 ha condotto importanti ricerche su tutti i fattori che modificano ed interferiscono sulla produzione delle peculiarità presenti sul proiettile.
Poiché la balistica forense necessità di parametri orientativi ai quali fare riferimento in caso di dubbio, l’università ha cercato di ridurre al minimo i termini di ”probabilità” e “analogie”, termini che vengono utilizzati nei casi dubbi nelle conclusioni delle indagini (Ugolini 1980).
Da queste ricerche si sono estrapolate delle formule matematiche che aiutano il tecnico a definire dei valori matematici, quindi oggettivi.
Al fine di comprendere al meglio le formule che esporremo di seguito, abbiamo realizzato uno schema che mostra la suddivisione del proiettile e le aree che prenderemo in esame (figura 1).
Le aree indicate con le lettere a (base), b (mediana) e c (apice) sono quelle che devono essere prese in esame per individuare un indice da noi definito “area utile” che si sintetizza nella seguente formula:
La lettera V indica il numero dei vuoti utili e P il numero dei pieni utili mentre N è il numero complessivo delle rigature. Se l’indice Au è uguale a 1 significa che tutte le rigature sono utilizzabili. Se l’indice è inferiore ad 1 significa che alcune rigature non sono utilizzabili. Naturalmente il criterio di lavorare su una stessa rigatura su più settori, renderà obbiettivo l’accertamento.
Tabelle delle aree utilizzabili:
- Au superiore al 65% Ottimo
- Au inferiore al 65% Buono
- Au inferiore al 50% Discreto
- Au inferiore al 30% Mediocre
- Au inferiore al 16% Non utile
Tali indici, in ogni caso, sono sottoposti alla valutazione dell’esperienza del tecnico. In alcuni casi peculiarità causate da manomissioni sulla volata della canna o dirette nei principi elicoidali, provocano micro e macro peculiarità sufficienti in una rigatura a garantire una valutazione di positività, specie se in quella rigatura vengono effettuate più comparazioni in più settori.