La storia delle armerie incognite o delle armerie storiche a disposizione della ‘ndrangheta in Calabria come in tutta l’Italia e poste sotto sequestro, ci hanno documentato la loro reale esistenza ed il loro forte dinamismo.
Certamente l’apprendere che alcune note e storiche armerie italiane potevano svolgere, sotto il tetto della loro azienda, un’attività mostruosamente immorale finalizzata a portare lutti e dolori anche tra la gente innocente, ci rattrista e ci sconforta.
Ma torniamo e restringiamo il campo alla Calabria. Da quando ho iniziato l’attività di esperto balistico per i Tribunali, 1980, sia le indagini di P.G. che i Processi, hanno dimostrato che le famiglie ‘ndranghetistiche avevano tra il loro “personale”, delle figure specifiche per la riparazione, costruzione e modifica di fucili, pistole, silenziatori, ordigni esplosivi, trappole esplosive e l’assemblaggio del munizionamento. Giornalmente, in speciale modo durante le due guerre di mafia a Regio Calabria, constatavo dal controllo dei bossoli e dei proiettili, pesanti manomissioni tra vari eventi delittuosi sugli organi di sparo. Queste manomissioni venivano prodotte dagli gli “armieri”, con vari strumenti, finalizzati a depistare gli accertamenti balistici.
L’ esperienza mi concede di affermare che le cosche Lametine, in Calabria, erano le più organizzate in materia. Giudici coraggiosi hanno eseguito decine di sequestri di armi contraffatte provenienti da furti, da acquisti illeciti, costruzioni di armi artigianali in cal. 7,65 mm a raffica e penne pistola. Sono stati sequestrati attività commerciali adibite ad armerie con attrezzature sofisticate, dove veniva costruito di tutto e di più. Lo stesso è accaduto a Cosenza, Catanzaro, Vibo e Crotone ed in tutta la provincia di Reggio Calabria. Il sequestro, poi, di Gioia Tauro ci evidenzia, purtroppo, che il fenomeno si evolve. Mi chiedo, da questo ultimo sequestro, quale è il motivo di possedere una armeria tanto sofisticata con attrezzature eccessive tanto da poter riparare centinaia di armi e costruirne altrettante. D’ altronde le “famiglie” locali e comunque tutta la ndrangheta calabrese, per nostra fortuna, da più anni è in “armistizio”, mi interrogo: che sta succedendo ?
Non è certo un’affermazione la mia, ma il dubbio che qualche famiglia si sia industrializzata nella vendita di armi, evidentemente richiestissime, porterebbe ad una concreta e spaventosa realtà. Queste armi potrebbero essere vendute sia alla malavita ma anche alle cellule dell’auto proclamato Stato Islamico. Ritornando alle armerie vere e proprie che avevano messo a disposizione di alcune famiglie, il loro sapere tecnico, le provincie della Calabria erano quasi tutte rappresentate. Anche armerie cosi dette storiche erano cadute nel tranello del facile arricchimento perdendo, però, oneri ed onori.
(C.f.r. 672/98 R.G.N.R L.T.+ N°763/06 R.G.N.R. DDA- CZ + N°1606/2004 R.G.N.R. DDA- RC.)
Sandro Lopez